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Claudio Cargiolli: gli omaggi al passato di un pittore fantastico

Da Piero della Francesca a Montale: gli omaggi di un

pittore fantastico ai grandi dell’arte e della cultura


Massimo Bertozzi sottolinea il suo legame con l’arte di Paul Klee, evidenziando che «non si tratta di ornare lo spazio ma più di provare a disegnare la fantasia». Inoltre, nelle sue opere troviamo spesso raffigurate delle scale che possono essere associate all’arte surrealista. Che legame ha con questa corrente artistica?

Il riferimento al Surrealismo riscontrabile nelle mie opere è casuale e marginale, perché in verità non sono mai stato particolarmente attratto da questa corrente artistica. Ciò che mi affascina invece è il rapporto fantasioso ed evocativo di una realtà filtrata in modo personale. Soffermandoci su Klee, devo ammettere che per me lui è stato un genio che è riuscito a comunicare dei concetti complessi con semplicità, portando ai massimi livelli il disegno primordiale di un bambino grazie alla sua consapevolezza e alla sua cultura. Condivido la sua attenzione verso i piccoli dettagli. Essendo attratto da minuziosi elementi della nostra vita, fotografo spesso gli scarabocchi che trovo sui muri o sugli alberi per poi studiarli nel mio studio e in tal modo ispirarmi per le opere future. Sostengo che nella vita è importantissimo fare attenzione a ciò che troviamo intorno a noi. L’essere umano ha bisogno di imparare a notare i dettagli, anche i più minuziosi, e a non farsi distrarre troppo dal mondo circostante. Quando riusciremo a farlo, avremo a nostra disposizione delle miniere di informazioni e non ci basterà il tempo per assorbirle tutte.


Casa rosa delle muse, olio su tela e tavola, 85x65, 2020


Nelle sue opere sono evidenti gli omaggi ad artisti del passato come Piero della Francesca, Leonardo, Caravaggio, Carrà e tanti altri. Sono questi i pittori che l’hanno maggiormente ispirata?

Ho dedicato molta attenzione all’arte rinascimentale italiana. Piero della Francesca, Paolo Uccello, Andrea Mantegna e Raffaello Sanzio sono stati i miei maestri. Ammiro le loro creazioni artistiche non soltanto dal punto di vista dell’esecuzione tecnica, ma anche dal punto di vista della luminosità, della materia e dell’astrazione. Infatti, per me furono dei maestri astratti, non figurativi. Nell’arte di Piero della Francesca tutto si trasforma in luce ed emozione. I pittori del primo Novecento italiano come Carrà hanno invece dovuto fare i conti con quelli che li hanno preceduti. Nonostante il carattere d’avanguardia della loro produzione, li vedo come degli studiosi del Rinascimento. Infatti, nel lavoro del pittore alla base deve esserci sempre la professionalità e la conoscenza tecnica. Questa tecnica e le regole pittoriche devono essere poi dimenticate e stravolte, ma è possibile solo se uno le conosce. Italo Calvino disse che «la fantasia è come la marmellata e bisogna che sia spalmata su una solida fetta di pane». Lo stesso vale per la pittura, dove il lavoro artistico deve essere spalmato su basi storiche e teoriche. I miei omaggi, ed è giusto usare questo termine perché non sono citazioni, riprendono alcuni soggetti di questi artisti, ma vengono decontestualizzati e introdotti con un linguaggio esclusivamente mio. A Leonardo ho dedicato due Visitazioni, come le ha definite il critico d'arte Giovanni Faccenda, e le opere Singolar tenzone e I miei sogni sono petali di fiori. Lo studio di altri pittori mi affascina anche perché scopro i loro dubbi e i loro ripensamenti, come nel caso del Doppio ritratto dei duchi di Urbino di Piero della Francesca in cui il collo di Federico da Montefeltro inizialmente doveva essere di altre dimensioni. 


Anche lei, mentre lavora ad un’opera, viene assalito da perplessità simili?

Assolutamente. Il mio lavoro parte sempre da un’idea che potrei definire come il progetto globale, che poi viene quasi sempre stravolto, perché nell’atto della creazione mi lascio portare da quello che via via scopro nel percorso del lavoro. La creazione di un’opera è una ricerca continua che può sembrare finita quando il dipinto mi fa scattare un’emozione, ma in realtà non termino mai le mie opere completamente. Desidero che il lavoro sia completato dallo spettatore con la sua fantasia.


Emulazione, Olio su tela e tavola, 40x40 cm, 2016


Oltre alle ispirazioni artistiche, ha avuto anche particolari riferimenti musicali e letterari?

Mi piace la musica classica, sopratutto Chopin che sento continuamente. Lo alterno ai Pink Floyd che è uno dei miei gruppi preferiti. Mi dedico anche alla lettura delle poesie di autori come Montale, a cui ho pensato creando alcune mie opere. Infatti, talune scale nei miei dipinti sono dei veri e propri omaggi alla poesia di Montale che scrive: «Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale».


Il particolare periodo storico che stiamo vivendo ha influenzato la sua produzione artistica?

La tragedia che stiamo vivendo non ha influito sui miei contenuti artistici, ma ha stravolto i miei pensieri e il mio approccio al lavoro. Mi ha fatto riflettere soprattutto sulla dicotomia dell’essere umano, che è capace di viaggiare con la mente ma nello stesso tempo è condizionato fisicamente. Il conflitto fra il rapporto della mente con la fisicità rappresenta un vero dramma per me. La situazione odierna mi fa anche render conto di quanto il mio mestiere sia veramente terapeutico. La pittura mi ha dato un grande conforto in questo anno difficile e perciò mi ritengo veramente fortunato grazie al mio lavoro.


Nel vento, olio su tela e tavola, cm 73x58, 2020

Foto courtesy Claudio Cargiolli