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Lawrence Ferlinghetti: quando la poesia incontra la pittura

Da poco nelle sale italiane è uscito Lawrence, un bellissimo documentario scritto e diretto da Giada Diano ed Elisa Polimeni e prodotto dalla Garden Film. Il film racconta con sguardo intimo Lawrence Ferlinghetti, grande poeta, scrittore e esponente del gruppo di ribelli della Beat Generation (anche se lui stesso rifiutava tale termine, preferendo San Francisco Renaissance).


Lawrence Ferlinghetti nel suo studio a San Francisco nel marzo 2016


Nel documentario il cofondatore della City Lights Bookstore di San Francisco, prima libreria di soli tascabili e rifugio per gli intellettuali oppositori, si esprime su temi riguardanti le problematiche sociali, politiche ed ecologiche. Il coraggioso editore di Urlo di Allen Ginsberg e tenace difensore della libertà di stampa racconta le contraddizioni e i drammi della società capitalista, cercando in tutti i modi di suscitare una riflessione e una presa di coscienza collettiva sui temi trattati. Uno dei suoi mezzi di comunicazione per parlare dei pericoli causati dall’autoritarismo e dell’importanza dell’unione tra gli esseri umani diventa la pittura.



Le minacce delle lotte armate, le riflessioni sulla pena di morte e i forti disaccordi con il sistema politico occidentale nell’arte di una delle massime personalità del panorama letterario americano contemporaneo non appaiono con toni cupi, violenti e sfrenati, ma spesso portano note di speranza e umorismo. Non esiste un’ombra senza un raggio di luce nella pittura di Ferlinghetti che sembra rivolgersi all’arte per motivi più spirituali e meditativi che educativi, evitando chiari proclami e lasciando spazio al mistero che davanti ad un’opera d’arte diventa profondo e infinito. Il tentativo di preservare la particolare trascendenza genera una «pittura politica che deve anche essere lirica», trasportando il pensiero su tela e servendosi del pennello, per ammissione stessa del poeta, per raffigurare ciò che non riesce ad esprimere a parole.



La passione per l’arte dello scrittore statunitense nasce in maniera spontanea ma allo stesso tempo organica, quando nel 1947, grazie ad una borsa di studio ottenuta per tre anni, si reca a Parigi per un percorso di dottorato alla Sorbonne e nella capitale francese inizia a vivere una nuova stagione di vitalità, creatività e idee. Il primo avvicinamento all’arte figurativa avviene quando il coinquilino del poeta con cui condivide la stanza dimentica i propri strumenti da pittore e allora Lawrence, cogliendo l’attimo per avvicinarsi alla pittura, si presenta a quella che da quel momento in poi diventerà una passione lunga tutta una vita. Presto, inghiottito dal clima di incontri fra giovani artisti negli studi a Montparnasse parallelamente alle prime prove di scrittura, inizia a frequentare l’Académie Julien, una scuola libera da vincoli di frequenza, orari e pregiudizi.



A Parigi vive il panorama in cui, proprio nell’anno del suo arrivo, André Breton e Marcel Duchamp danno vita ad uno degli eventi artistici più significativi dell’epoca: la grande mostra Le Surréalisme en 1947: Exposition Internationale du Surréalisme. Vedendo fra i partecipanti artisti come Max Ernst, Sebastian Matta e Joan Miró, Lawrence, curioso e inseparabile dai concetti dell’apertura mentale e dell’inclusività, avvia una riflessione sugli enigmi nei disegni di Jean Cocteau che prendono forma nella sua prima opera pittorica intitolata Deux, di forte matrice surrealista.


Lawrence Ferlinghetti, Deux, olio su tela, 51x56 cm, 1950 Ⓒ Artribune


Ulteriormente stimolato, continua le sue esperienze interdisciplinari anche una volta tornato in patria, dove osserva la nascita e l’esplosione dell’espressionismo astratto con protagonisti Pollock, Rothko e Kline, ammirando l’uso dei neri di quest’ultimo. Tramite la contaminazione delle esperienze artistiche diverse e degli inserti letterari nei dipinti, lo scrittore statunitense si avvicina alla poesia visiva creando talvolta dei veri e propri manifesti. Le problematiche, per il loro carattere attuale e universale, superano la distanza geografica e continuano il filo rosso della pittura di Ferlinghetti che, alla ricerca della pace, dell’amore e dell’equilibrio, rimane irrisolto e destinato a suscitare riflessioni per le generazioni successive. Perché lo spirito rivoluzionario non svanisce con la scomparsa di un grande artista, ma rappresenta una fonte d’ispirazione per continuare il progetto da lui iniziato.